UNA STANZA TUTTA PER ME

Estate 2020. Nel bene e nel male, quell’estate mi ha cambiata. Non tanto per il COVID, ma perché è stata la prima volta che mi sono avvicinata a Virginia Woolf. Da quel momento, è iniziata la storia d’amore più intensa e duratura della mia vita (oltre a quella con il mio ragazzo, ovviamente). Parlare di lei, però, non è mai semplice. Non lo è per un motivo particolare: la sindrome dell’impostora. Tutti ne parlano – dai profani agli accademici – e io mi sento sempre perseguitata da una serie di domande: Chi sono io per parlarne? Che diritto ho? Ne so abbastanza?

Quest’anno, però, voglio liberarmi di questa voce insistente e fastidiosa. Scrivere di Virginia Woolf è un atto di resistenza, un modo per riflettere su ciò che mi ha insegnato e su quanto sento che lei, con il suo modo di scrivere e di essere, mi abbia salvata. Questo non sarà un saggio critico, né una lezione su di lei. Sarà una riflessione, un rincorrersi di pensieri che non ho voglia di ordinare, perché Woolf stessa mi ha insegnato che l’ordine è sopravvalutato.

La prima volta che l’ho letta è stato grazie a un piccolo libro, Giardini. Una raccolta di racconti e lettere così breve che l’ho finita in una giornata, ma che mi ha lasciata senza parole. Ricordo ancora l’impressione che mi fece il primo racconto, Kew Gardens. La sua penna sembrava un microscopio, capace di rendere visibile anche il più sottile filo d’erba. Quando descriveva i fiori, mi sembrava di vederli per la prima volta:
Li vedeva come qualcuno che si risvegli da un sonno profondo vede un candeliere di ottone che riflette la luce in modo inusuale, e chiude gli occhi e poi li riapre e, vedendo di nuovo il candeliere di ottone, ora ben sveglio, lo fissa con tutta la sua energia. (p. 8)
È così che mi sono sentita leggendo Woolf: sveglia. Più viva, più attenta. Anche un momento apparentemente banale, come in Nel frutteto, diventa un viaggio dentro l’anima di una donna immersa nella natura. Era come se Virginia mi stesse insegnando a osservare tutto, senza paura di perdermi nei dettagli. E nei dettagli, Woolf parla sempre di qualcosa di più grande: il tempo, il decadimento, la consapevolezza che la vita è fugace.

C’è una tristezza dolce e stratificata nella sua scrittura, che non è mai disperazione, ma una sorta di pace. È una tristezza che ho trovato in Gita al faro, soprattutto in Mrs. Ramsay. Lei, con il suo modo silenzioso di raccogliere e tenere insieme il filo delle vite intorno a sé, mi ha ricordato che spesso le donne si trovano a essere il perno di mondi che crollano. Mrs. Ramsay vive in uno stato di sospensione: tra l’aspirazione e la realtà, tra ciò che desidera e ciò che deve essere. Le sue azioni quotidiane, come preparare la cena o leggere ai suoi figli, sembrano banali, ma diventano gesti carichi di significato, quasi sacri, in un mondo che si sfalda intorno a lei. Ho pensato a Mrs. Ramsay ogni volta che ho sentito il peso delle aspettative altrui sulle mie spalle, e ogni volta che mi sono trovata in bilico tra chi sono e chi gli altri vorrebbero che fossi. E poi, c’è il faro, quella luce intermittente che sembra guidare e insieme eludere:
È solo attraverso il cambiamento, attraverso l’oscillazione costante della luce e dell’ombra, che la bellezza si svela. (p. 112).
E poi c’è Le onde, dove la tristezza si fonde con il tempo, le voci e il mare. Bernard, Rhoda, Jinny, Neville, Susan e Louis: ognuno di loro è come un’onda che si infrange, con una voce distinta ma inevitabilmente legata alle altre. Rhoda, in particolare, mi ha toccata nel profondo. La sua fragilità, il suo sentirsi inadeguata, quasi un’ombra tra gli altri, ha evocato qualcosa che non riesco mai a esprimere a parole. Ma poi Woolf lo ha fatto per me:
Non trovo confini. Questo è il mare infinito, con la sua infinita profondità. (p. 145)
Ogni voce in quel libro è come una goccia che si unisce all’oceano, e insieme compongono un flusso inarrestabile.

Ma è in Orlando che il mare diventa il simbolo del cambiamento per eccellenza. Fluido come il genere, come il tempo, accompagna Orlando nel suo viaggio da uomo a donna, da secolo a secolo. Mi sono persa tra quelle pagine, e alla fine mi sono trovata:
Il cambiamento, l’incessante fluire delle cose, non fa altro che rivelarci chi siamo davvero. (p. 93)
E infine, Una stanza tutta per sé.

Questo libro mi ha aperto gli occhi. Arrivato dopo un anno di timore – mi sentivo inadeguata a leggerlo, a capirlo – mi ha cambiata. Woolf mi ha insegnato che una donna ha bisogno di uno spazio, fisico e mentale, per esprimersi. Scrive in calce a tutta la sua dissertazione una frase che è diventata un caposaldo della letteratura, quella lezione di vita trasmessa di madre in figlia:
Una donna deve avere denaro e una stanza tutta per sé se vuole scrivere romanzi (p. 4).
Non è solo una questione di indipendenza economica, ma di spazio interiore. È l’esortazione a difendere il proprio spazio, a leggere, a pensare con la propria testa:
Non c’è cancello, nessuna serratura, nessun bullone che potete mettere sulla libertà della mia mente” (p. 112).
Leggere questo libro è stato come vedere il mondo con occhi nuovi. Woolf mi ha dato il coraggio di esplorare chi sono, di non aver paura di essere diversa, e di coltivare quella curiosità che porta a costruire qualcosa di unico.

Virginia Woolf non è solo un’autrice per me. È un dialogo, un punto di riferimento, un luogo sicuro. Mi ha insegnato a pensare in modo “arcipelagare”: posso essere un’isola, ma faccio parte di qualcosa di più grande. Mi ha insegnato che il mare dentro di noi non è qualcosa da temere, ma un luogo in cui trovare forza. Mi ha insegnato il valore dell’indipendenza di pensiero e l’importanza di non tacere mai – a meno che non sia per ascoltare il mare. Mi ha insegnato a difendere il mio spazio, a non fermarmi mai, a leggere per costruire un’idea mia, a essere curiosa e mai sazia. Del resto, come scrive nel suo diario:
“Talvolta penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine” (Diari, 1928).

 In fondo, leggere Woolf è il mio piccolo paradiso.

~

Piccola bibliografia per lettrici e lettori curiosi:

Woolf, Virginia, Giardini, Milano, Garzanti, 2014.

Woolf, Virginia, Le onde, Milano: Mondadori, 2016.

Woolf, Virginia, Gita al faro, Milano: Feltrinelli, 2013.

Woolf, Virginia, Orlando, Milano: Garzanti, 2015.

Woolf, Virginia, Una stanza tutta per sé, Milano: Feltrinelli, 2011.

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